Monday, April 27, 2015

Il fascino (in)discreto della barba

Moda o simbolo di mascolinità mai tramontato?

Negli anni '50 l'uomo sfoggiava i baffi, appuntiti e spesso all'insù, simbolo di raffinatezza  e anche di un malizioso fascino.
Negli anni'60/'70 arrivano gli hippies con i capelli e la barba lunga, arruffata, incolta e selvaggia. Anni dei concerti rock, della rivoluzione sessuale e dei viaggi in autostop.
Con gli anni '90 la barba subisce un abbandono: viso pulito e liscio e capello corto, l'aspetto da bravo ragazzo insomma, che a baciarlo non punge e che spesso non ha "barba" in nessun' altra parte del corpo.


Oggi invece la barba sta avendo il suo riscatto tornando ad essere un simbolo di mascolinità che sembra piacere molto agli uomini, ma anche di seduzione che non dispiace affatto alle donne.
Un trend che, con i suoi corsi e ricorsi, sembrerebbe guidato dalla selezione darwiniana. Ne sono convinti gli autori di uno studio pubblicato sulla rivista della Royal Society Biology Letters. Secondo i ricercatori: più sbarbati ci sono in giro meno questa caratteristica diventa attraente. Cosa che finisce per avvantaggiare i maschi "barbuti". Ma quindi si preannuncia presto un ritorno al "ben rasato"?
Sicuramente sono anche i gusti femminili a guidare inconsapevolmente le scelte dei look maschili.

Noi di fashion Buddha ci siamo accorte, gironzolando come nostro solito per Milano, che non solo c'è un proliferare di barbe di ogni genere (spesso però, ammettiamolo, ben curate) ma anche che stanno nascendo molti Barber shop, i saloni da barba insomma, ma tutt'altro che banali e anonimi.
Uno di quelli che più ci ha colpite è Tonsor Club – Barbieri per uomini gentili, in Via Palermo a Milano. Prodotti ben selezionati, poltrone in stile vintage, vinili sparsi qua e là con Nat King Cole in prima fila a fianco allo specchio e un librone sugli Impressionisti appoggiato lì per caso in attesa di essere sfogliato. Ad accogliervi ci sono Stefano (Coli) e Mauro (Bellini), i titolari ed espertissimi artisti della rasatura o foggiatura che voi cerchiate, che parlano del Tonsor club come di "Un luogo dove radersi diventa un'esperienza a 360°, dove ci si può sedere a godersi la lettura, ascoltare un buon disco jazz, sorseggiare un drink" e prendersi cura di se stessi.
Perché diciamocelo, poi alla fine l'uomo con la barba piace,  ha l'aria un po' misteriosa, di chi vuole nascondere le emozioni, di chi non ha troppo tempo per radersi perché ha mille cose da fare e sa bene che alle donne l'uomo piace virile e un po' pungente, ma solo sulle guance.

Vediamo cosa ci hanno detto alcune amiche del blog:
M (29 anni, scanzonata e istintiva): "Ci deve essere ma curata e corta. Diciamo che in alcuni "casi" addirittura salva il salvabile...
P (30 anni, amante della moda): "Io sono pro barba.. curata, corta ma sì. L'uomo sta meglio con un po' di barba!"
S (34 anni, molto attenta ai particolari): "Condivido, la barba deve esserci, ma se hai il viso paffuto c'è poco da fare, neanche la barba ti farà diventare "un tipo". In quei casi non ti salva, per gli altri invece c'è il rischio di diventare più interessanti."
C (32 anni, metodica e perfezionista): "Non male la barba, non troppo lunga però..."
E (35 anni, brillante e ironica): "Un po' di barba ci sta, ma non troppa. Diciamo ben incolta da una settimana."
 




E a voi come piace la barba?




1 comment:

Anonymous said...

Chiariamo subito un concetto. La barba non è fatta per piacere alle donne. E alle donne non è dato preferire uno stile piuttosto che un altro. Lo scrivo senza intento polemico, anzi.
Dopo decenni in cui agli uomini è stato insegnato che non si giudica la scollatura di una camicetta o la lunghezza di una gonna, il maschio (ometto la M maiuscola per non sembrare eccessivamente di parte) ha il pieno diritto di essere apprezzato per la sua sana volonta di avere un mento e delle gote copiosamente irsute.
Se piace, bene, altrimenti piacerà!
Barba lunga quindi, non effetto diciottenne amico di Maria De Filippi. Piuttosto come emulo di Billy Gibbons (mai troppo invidiato leader dei ZZ Top).
Stile Kosher o Amish. Alla Franz Joseph o alla Giuseppe Verdi. Basta che sia espressione della libertà e della conquistata vanità dell'uomo, maschio.
Magari accompagnata da colorati tattoo e un "Pork Pie". Al proposito cito Glenn O'Brian (tra l'altro membro della "Factory" di Andy Warhol): "The porkpie hat is the mark of the determined hipster, the kind of cat you might see hanging around a jazz club or a pool hall, maybe wearing a button-front leather jacket and pointy shoes. It's a Tom Waits, Johnny Thunders kind of hat. It has a narrower brim than a Fedora and a flat top with a circular indent. Usually the brim is worn up. It is often worn with a goatee, soul patch, and/or toothpick."
Un'altro elemento consistente di libertà acquisita di vestire ed essere dell'uomo moderno.
Per farla breve, bravi i nostri tonsori. Che rimangano un baluardo inespugnabile!

JPB